Tremblement Extatique

yaoi, vm18, originale

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  1. _-Liris-_
     
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    Note: Avevo intenzione di terminare questo racconto prima ancora di inviarne il primo capitolo, quasi come se fosse un piccolo libro (giacché sono ferma nella mia seconda e seria creazione), ma non ci sono riuscita anche se sono a buon punto. Voglio evitare di lasciare fan fiction in sospeso da oggi perché vi giuro, ne ho fin troppe lasciate a metà oramai abbandonate malgrado le mie iniziali buone intenzioni. Si tratta di un’originale a cui tengo molto, spero che piacerà a voi lettori almeno un briciolo di quanto piace a me. Si, lo ammetto, mi piace un sacco poiché racchiude significati profondi e momenti intrinsechi della mia esistenza malgrado non ne narri nemmeno uno.




    Chapter One
    ●• Rapimento •●


    Era una serata silenziosa, una delle tante e gelide notti invernali nelle quali la pioggia scrosciava sui tetti delle piccole e grandi abitazioni cadendo infine sulle vie. Ai lati di quest’ultime, poveri senza tetto cercavano di scaldarsi con coperte di lana grezza e vestiti laceri, uno accanto all’altro, cercando di recuperare un poco di calore da se stessi. Soggetti al volere divino, alla fredda acqua e al vento impetuoso che ne portava le grandi gocce.
    Lawrence aveva terminato di cenare con dei suoi conoscenti qualche minuto prima di costeggiare la zona malfamata della città.
    Aveva tirato le tendine color ocra per proibire ai suoi occhi la triste visuale che si trovava al di fuori del lussuoso abitacolo. Anche se conosceva più che bene quella zona cercava, come tutti i nobili e borghesi della città, di ignorare la sua intera esistenza per continuare ad illudersi di risiedere nel miglior luogo del mondo, privo di ingiustizie e povertà.
    Era una peculiarità di coloro che non abitavano ammassati nei vicoli: pochi di essi erano pronti ad ammettere che si trattava di ingiustizia.
    Neppure la Chiesa stessa si preoccupava dei morti che venivano ogni giorno raccolti dalle vie sovraffollate. Essi venivano semplicemente gettati in fosse comuni poiché i parenti –se ne avevano- non avevano di che pagare il funerale quanto la sepoltura. Chiunque se ne lavava le mani.
    Dopo un po’, il nobile infranse il silenzio che si era andato a creare con un sospiro al quale seguì un motivetto allegro e fischiettato dallo stesso. Cercava di non pensare a tutto ciò, conscio del fatto che sarebbe stato molto difficile.

    “Siamo arrivati.”

    Esordì una voce roca proveniente dall’esterno. Lawrence aveva sentito poco prima il nitrire dei cavalli accompagnato dal rumore dei loro zoccoli sul terreno umido della strada ma, malgrado tutto, non avrebbe mai immaginato che in così poco tempo sarebbero potuti giungere a destinazione.

    “Ne sei sicuro?”

    Domandò titubante aprendo ugualmente la portiera per controllare, fidandosi in parte di quella voce. Dinnanzi a se non trovò di certo il cocchiere a cui aveva precedentemente dato indicazioni per la sua dimora ma un uomo il cui volto era coperto da una maschera nera legata dietro la nuca. Lo caratterizzava una chioma del medesimo colore ed un codino basso legato con un lembo di stoffa lacera. La camicia da lui indossata appariva bianca –fin troppo sporca e malconcia malgrado fosse bagnata abbondantemente dall’acqua piovana- e contrastava con la capigliatura corvina.

    “Chi diavolo sei?”

    Il cuore di Lawrence mancò un battito e sgranando gli occhi si sentì avvolgere da un profondo terrore il quale fece improvvisamente fluire il sangue verso la testa del giovane facendogli perdere colore e rendendo la zona del collo accaldata.

    “Vi sembra il modo di rivolgersi ad una persona tanto buona come me? Vi ho solo avvisato che siamo giunti a destinazione.”

    Disse lo sconosciuto con tono leggermente cantilenante, inclinando appena la testa da un lato. A quel punto Lawrence scattò verso l’altra portiera ed una volta aperta fece per scendere ma un’improvvisa repulsione bloccò le sue viscere facendogli portare una mano alla bocca per trattenere un urlo di terrore. Vicino ai suoi piedi, sulla strada bagnata, vi era la testa mozzata del conducente della carrozza dal cui collo grondava una generosa quantità di sangue che macchiava il pavimento sottostante e veniva portato via dall’acqua rendendo la scena più grottesca di quanto già non fosse. Aveva i capelli incrostati al volto cereo, gli occhi spalancati rivolti verso il cielo -dal quale continuava a cadere una fitta pioggia- e le labbra schiuse in un’espressione terrificata.

    “Non fate i capricci e scendete, da bravo.”

    A parlare fu sempre l’uomo coperto dalla maschera ma Lawrence non si fece convincere ed ovviamente si voltò a guardarlo prima di deglutire. Scese di corsa dalla carrozza la dove vi era la testa del cocchiere e prese a correre per chissà quale vicolo.

    “Fermatelo!”

    Gridò l’uomo mascherato utilizzando l’imperativo per reclutare nuovi aiutanti mentre prese a correre dietro il fuggitivo. Era oramai palese agli occhi del nobile che si trattava di un rapimento oppure di una rapina. Improvvisamente vide levarsi da terra un uomo, il quale, abbandonando la propria coperta, cercò di afferrare il ragazzo. Lawrence riuscì a schivare quell’attacco a sorpresa, ma al seguire di quello ci furono molti altri uomini pronti a catturarlo riscuotendosi dal loro apparente letargo. Essi tentarono di fermare il ragazzo allungado le loro sudice e gelide mani verso le caviglie, i polsi, i capelli...
    Non fu facile acciuffarlo, ci volle qualche minuto buono ma nello stesso tempo che venne afferrato per un braccio e spinto contro il muro di un’abitazione l’uomo mascherato lo raggiunse e lo liberò dalla presa del poveraccio che era riuscito a bloccarlo.

    “Grazie.”

    Disse sogghignando e facendo cadere nella mano sporca del tale una moneta d’argento. Non si trattava dunque di un furto ma di un rapimento premeditato o comunque qualcosa del genere, per lo meno così si disse Lawrence.

    “Per favore lasciatemi andare, vi pagherò la somma che desiderate ma lasciatemi andare.”

    Pregò dando anche del ‘voi’ a quell’uomo misterioso cercando di corromperlo. Stava tremando poiché aveva davvero tanta paura.

    “Non posso lasciarvi andare Signorino Legrand.”

    “Conoscete il mio nome? Quindi sapevate già che sono un nobile… volete chiedere un riscatto?”

    “No. Vi sembro forse così disperato?”

    “Per favore lasciatemi allora. Non mi uccidete.”

    I suoi occhi color lago si riempirono di lacrime che però vennero camuffate dalla pioggia scrosciante ed imperterrita.

    “Non devo uccidervi, perciò tranquillizzatevi. Dovremo solo fare una piccola deviazione.”

    “Vi supplico…”

    “Smettetela!”

    Ordinò sperando di non ricevere altre lamentele, difatti Lawrence tacque, e l’unica replica che raggiunse le orecchie dell’uomo mascherato fu un basso singhiozzo.

    “Non mi impietosite così Signorino Legrand…”

    “Non sto cercando d’impietosire nessuno io ma…”

    “Non ho intenzione di rivelarvi nulla sul perché della deviazione.”

    E dopo aver detto quello gli afferrò un polso, stringendolo nella sua stretta ferrea ed obbligando il ragazzo a far voltare il braccio dietro la propria schiena in una posizione scomoda. Lo indusse pertanto a voltarsi con la testa verso il muro grezzo mentre prese a legarlo con l’unico scopo di impedire la sua fuga e poi lo spintonò verso la strada principale –la stessa sulla quale si trovava la carrozza abbandonata-, lo fece salire sui veicolo e dopo averlo imbavagliato e legato anche per i piedi chiuse entrambe le portiere a chiave prendendo successivamente il posto del cocchiere, facendo cadere il suo corpo privo di testa accanto alla sua parte mancante. Subito i poveri si precipitarono su di esso ma Lawrence chiuse gli occhi, non voleva sapere cosa ne avrebbero fatto.
    La sua testa gli suggeriva che avrebbero potuto anche nutrirsi di quel pover’uomo e tutto ciò lo faceva rabbrividire.
    Quando sentì la chiave girare nella toppa della portiera accanto a se aprì gli occhi per riflesso inconscio. Anche se si era addormentato si riscosse di colpo mentre stava sorgendo il sole, domandandosi dove mai era stato portato per aver impiegato tutto quel tempo.
    Si sentiva tutto indolenzito e mugolando di dolore si face caricare su una spalla del rapitore senza opporre resistenza inutile visto le sue condizioni. Aveva sonno ma non doveva crollare di nuovo, per lo meno fin quando non avrebbe riconosciuto il posto in cui si trovava. Sollevò appena la testa cercando di guardarsi attorno ma non appena il suo rapitore se ne accorse compì un movimento brusco per farlo spaventare e chiudere gli occhi. Ciò avvenne per più di una volta. Sfortunatamente per lui non aveva pensato a coprire anche gli occhi del nobile.

    “Lasciatemi! Siete ancora in tempo, non commettete pazzie, fatemi andar via!”

    Gridò quando gli fu tolto il bavaglio. L’uomo mascherato lo ignorò e lo lasciò cadere pesantemente su di un letto dalle coperte pregiate. Lawrence, rendendosi conto di dove fosse, trattenne il respiro senza più pronunciare una parola, mordendosi addirittura il labbro inferiore per proibirsi di fare idiozie. Fissò il soffitto per un po’, scrutando i paffuti angioletti dalle ali color latte che sorridevano e tendevano le mani sormontando un cielo privo di nubi sul quale spiccavano dorate stelle.

    “Siete un nobile? Oppure servite in questa casa?”

    Domandò ma non ottenne risposta. Successivamente pensò che se fosse stato davvero un servo non avrebbe potuto portato in un luogo simile ma si sarebbe ritrovato nelle stalle o negli alloggi della servitù.

    “Rispondete…”

    Quasi la sua voce si fece supplichevole. L’uomo mascherato gli sciolse le caviglie lasciandogli un po’ più di libertà e poi uscì dalla stanza chiudendola a chiave.

    “Il Signorino Legrand si trova nella stanza che desideravate.”

    Esordì l’uomo mascherato una volta raggiunto il salone della villa, il quale era illuminato da poche candele e da una debole luce mattutina.
    Su un divanetto rivestito di broccato scarlatto, un uomo semi-disteso appariva completamente assorto in una personale lettura di un libro dalla copertina rigida color notte.

    “Eccellente.”

    L’uomo steso sul divanetto non si scompose, anzi, continuò a leggere con noncuranza finché l’uomo mascherato non cercò di attirare la sua attenzione con un colpo di tosse. Solo a quel punto il padrone di casa si tirò a sedere con uno sbuffo leggero, quasi come se fosse infastidito dall’insistenza di tale presenza, e portò una mano sulla spalliera del divanetto per far si che gli facesse d’appiglio mentre si sporgeva da essa per guardare con gelidi occhi color ghiaccio l’uomo che aveva eseguito i suoi ordini con tanta perizia.

    “Il tuo compenso è sulla scrivania. Prendilo e va via.”

    “Certamente Signore.”

    “Sparisci in fretta ma fai in modo che possa trovarti in qualunque momento.”

    “Si Signore.”

    Poco dopo aver afferrato il sacchetto di velluto viola contenente le monete promesse si dileguò. A quel punto era inutile fingere indifferenza. Il padrone di casa si tirò su dal divanetto con un unico e mellifluo gesto. Si sentiva impazzire nell’attesa, pertanto non aveva capito neppure una riga del libro che aveva tra le mani: fremeva.
    Bevve di corsa un bicchiere di forte vino rosso che si trovava sul tavolo poco distante e, dopo averlo rimesso al suo posto, uscì di corsa dal salone.

    “Ho mal di testa, tieni la servitù lontana dai piani alti Irené.”

    Ordinò e dopo aver ricevuto un cenno di assenso dalla vecchia signora dai capelli striati di bianco si diresse fulmineo verso le scale, salendone due a due e dirigendosi verso il secondo piano della propria villa.
    Quando la porta si aprì non emise alcun suono ma a destare il dormiente su quelle morbide coperte furono i tre scatti della serratura. Malgrado tutto, Lawrence, fece finta di nulla e sperò di poter in qualche modo aggredire il suo rapitore per poi fuggire. Egli fece male i suoi calcoli purtroppo poiché sentì una mano diversa dalla precedente -più delicata di quella che l’aveva legato ed imbavagliato- carezzargli la schiena.
    Mugolò infastidito e si voltò su un fianco quasi ringhiando mentre ciocche rossastre si posavano ribelli e bagnate sul suo volto in morbide onde un po’ appesantite. Era ancora grondante dalla notte precedente ed i suoi perfetti riccioli si erano allargati e scuriti a causa della pioggia che li aveva fatti aderire l’uno all’altro disordinatamente.

    “Voi?”

    Non ricordava che gli occhi del suo aggressore fossero di quel colore, ne che le sue mani fossero tanto aggraziate ed affusolate.

    “Si, Lawrence.”

    “Siete impazzito? Mi avete fatto rapire!”

    Davanti a se vi era un suo conoscente, aveva l’aria austera e lo sguardo penetrante e vacuo al contempo. Era un uomo misterioso che mai aveva compreso pienamente. Lo riteneva giustamente fascinoso, con i capelli neri e lunghi, mossi e perfetti tanto da destare invidia nella più educata lady. Sapeva inoltre che nessuno dei suoi amici e conoscenti gli aveva mai consigliato di avvicinarsi a quel nobile ma che, malgrado tutto il vociare delle malelingue, egli godesse ugualmente di molta compagnia. Aveva molti ‘Amici’ ed ‘Amiche’ –anche non nel vero senso del termine ma in uno molto più intimo- che gli ronzavano sempre attorno con fare civettuolo o altezzoso.

    “Shh… fate silenzio, non rovinate questi attimi.”

    Disse in un sussurro il moro avvicinandosi al suo volto con le labbra dischiuse e perfette, soffiando poi sul suo collo e facendo rabbrividire il suo ‘ospite’.

    “Quali attimi? Oh Flavien, ve lo chiedo per favore, sarebbe bene che mi lasciaste andar via…”

    Lawrence dal canto suo se in un primo momento aveva pensato di potersi tranquillizzare nel vedere un suo conoscente, improvvisamente mutò opinione nel sentirlo tanto vicino a se.

    “Shh…”

    “Mi fate male.”

    Singhiozzò appena il rosso poiché il nobile appena arrivato l’aveva costretto a sistemarsi supino sulle coperte pregiate per guardarlo bene in volto mentre lo carezzava ma non si era affatto soffermato a pensare che l’oggetto dei suoi desideri fosse legato con le mani dietro la schiena.

    “Per favore slegatemi.”

    Singhiozzò ancora stringendo forte gli occhi e sentendo le lacrime salire e premere contro le palpebre chiuse. Esse desideravano superare l’argine e scivolare per le sue ciglia, lungo le sue guance arrossate dalla paura e dalla preoccupazione.
    Solo a quel punto il padrone di casa si accorse di quel dettaglio, conscio del fatto che il suo sottoposto l’aveva lasciato così per paura che potesse ferirlo una volta entrato in stanza. Era stato previdente ma onestamente Flavien non credeva che Lawrence sarebbe stato in grado di far del male a qualcuno dato il suo aspetto molto delicato e femmineo.
    Fece quindi come richiesto, sciogliendo i suoi polsi e lasciando le sue braccia libere lungo i lati del suo corpo.

    “Va meglio adesso?”

    “Se mi lascerete andare credo che starei ancora meglio.”

    “Non posso lasciarvi andare Lawrence…”

    “Perché?”

    “Perché non posso, ed io stavo morendo la scorsa sera quando vi vedevo così distante.”

    Lawrence non rispose, solo si limitò a distogliere lo sguardo. Non sapeva cosa rispondere, sembrava quasi che si stesse confessando ad una bellissima fanciulla.

    “Lawrence…”

    Lo chiamò ma venne subito bloccato dalla voce infastidita, adirata ed imbarazzata del rosso.

    “Tacete!”

    “Lawrence…”

    Lo chiamò di nuovo mentre fece scendere una sua mano tra le gambe dell’ospite malamente trattenuto, andando a stringere appena -con non troppa forza- il cavallo dei suoi pantaloni scuri e bagnati che di conseguenza aderiva maggiormente alle membra doloranti del nobile.

    “Lasciatemi!”

    Stava per gridare e Flavien lo capì dal tono con il quale pronunciò quella parola, un tono quasi stridulo, perciò portò la sua mano dal cavallo del rosso alla sua bocca, impedendogli di urlare e guardando solo i suoi occhi sgranati e pieni di lacrime. Si leggeva benissimo la paura che nutriva nei confronti dell’altro in quelle pozze color lago.

    “Vi porto dei vestiti asciutti.”

    Disse il padrone di casa prima di alzarsi dal letto ed uscire da quella stanza, chiudendola a chiave prima che Lawrence potesse tentare di aprirla e fermarlo per fuggire. Flavien osservò la maniglia lavorata muoversi su e giù per un paio di volte e poi sentì un singhiozzo provenire dall’interno della stanza e subito dopo un rumore di ceramica infranta.
    Quando fu di ritorno in quella stanza notò difatti un vaso rotto in terra, uno molto prezioso, e scosse la testa sospirando come se nulla fosse, come se si trattasse di un danno senza importanza creato da un bambino capriccioso.

    “Ecco i vestiti.”

    Quando sentì quelle parole Lawrence si riscosse appena ed entusiasta all’idea di indossare qualcosa di asciutto e pulito si alzò a sedere sul letto. Non era abituato a bagnarsi a quel modo e a rimanere con i gli stessi abiti grondanti addosso.
    Una volta che afferrò quell’incognita dalle spalle color latte e la sollevò, Lawrence si rese conto che si trattava di una camicia da notte piena di merletti bianchi e nastrini rossi. Si voltò verso Flavien che rideva appena e sgranò gli occhi contrariato.

    “Cosa sarebbe?”

    “Una camicia da notte”

    “Io dovrei indossare questa cosa?”

    La voce del rosso si alzò improvvisamente poiché mai si era sentito tanto umiliato. Era come se fosse su l’orlo di un precipizio, come se fosse un barile pieno d’acqua che presto sarebbe scoppiato.

    “Se farete il bravo, Lawrence, e vi comporterete come io desidero, credo che tornerete a casa prima di quanto pensiate…”

    “E dunque se indosso questa camicia da notte mi porterete a casa? Mi lascerete libero?”

    “Non ancora, dovrete comportarvi come vi chiedo di fare.”

    “Ma è assolutamente impensabile! Prima mi rapite, poi pretendete che indissi delle cose da donna ed infine, addirittura, mi chiedete di fare dell’altro per voi. Non so di cosa si tratta, non so che volete da me e non ho intenzione di scoprirlo. Lasciatemi stare!”

    Flavien avvicinò le sue mani al colletto della camicia del rosso e prese a spogliarlo lentamente. Lawrence lo afferrò all’altezza dei suoi polsi per bloccarlo ma fu tutto inutile, il padrone di casa scosse la testa ridacchiando appena, divertito dal modo di fare del suo ospite.

    “Non avete capito dunque? Dovete stare buono e fare quello che vi chiedo di fare. Nulla più.”

    “Non voglio farmi vedere nudo da voi!”

    Sibilò Lawrence prima di starnutire e portarsi una mano al volto istintivamente per coprirsi educatamente.

    “Vi siete ammalato?”

    “Non sono affari vostri.”

    “Si che lo sono. Non avete ancora capito che ho dovuto rapirvi per avvicinarvi a me?”

    “Questo lo vedo.”

    “E dunque se lo vedete cos’è che non riuscite a capire?”

    “Capisco, capisco benissimo, sono solo spiacente di informarvi che non sono incline ad acconsentire ai vostri capricci Flavien Dubois. E soprattutto non credete di aver di fronte un uomo e non una donna? Non permettetevi di avvicinarvi oltre quanto è consentito dalla buona educazione ad un uomo e nobile e come me, ne di umiliarmi e trattarmi come una donna facendomi indossare abiti o camice da notte come quella.”

    E detto ciò la gettò sul letto con un movimento iroso. Non si accorse però che Flavien con la stessa velocità lo aveva afferrato per la vita e spinto sul letto accanto alla camicia da notte.

    “Smettetela!”

    Cercò di gridare ma la sua voce gli si mozzò in gola per lo spavento. A quanto pare sembrava che l’altro non l’avesse per nulla ascoltato, o quantomeno se l’aveva fatto non aveva voluto acconsentire alle sue richieste, il che era facilmente prevedibile infondo.

    “Non mi toccate! Smettetela!”

    Questa volta riuscì ad alzare il tono della voce solamente quando oramai Flavien era arrivato a privarlo dei pantaloni e successivamente della biancheria.
    Ci volle un attimo prima di poter vedere Lawrence scoppiare in un pianto disperato. A quel punto Flavien si sbrigò a vestirlo, facendogli capire che non aveva alcuna intenzione di toccarlo o guardalo.

    “Fatto! Dio Santo, Lawrence, mi avete fatto sudare sette camice.”

    Disse tirando un sospiro di sollievo e prendendo a legare i polsini di pizzo con il nastrino scarlatto e facendo lo stesso con il colletto della camicia da notte.
    Lawrence lo guardò non capendo cosa diamine stava succedendo e Flavien si tirò su dal letto, andando verso la porta. Se voleva rimanere da solo l’avrebbe accontentato. Prima di uscire portò via gli abiti originari del Conte Legrand.

    “Ridatemi i miei vestiti!”

    Cercò di fermarlo, alzandosi di scatto dal letto e raggiungendo Flavien. Lo afferrò per un braccio, inducendolo a voltarsi verso di lui.

    “Vi manco di già?”

    “Non dite idiozie. Ridatemi i miei vestiti. Non ho alcuna intenzione di indossare abiti da donna!”

    “Ora dovete riposare, nessuno vedrà che siete un uomo vestito da donna, neppure io visto che sono stato ‘cacciato’ dalla stanza. Perciò li porto ad asciugare.”

    “Domani mattina meli renderete?”

    “Certamente, domattina avrete gli abiti asciutti.”

    “Grazie.”

    Lawrence sospirò appena quella parola lasciando il braccio del suo carceriere. Senza rendersene conto lo aveva fatto andar via e si trovava nuovamente chiuso in quella stanza, ancora una volta senza poter tentare la fuga.

    “Irené brucia questa roba.”

    “Ma signore…”

    “Bruciala e basta! Niente storie, sono abiti vecchi che si sono bagnati in soffitta... deve esserci una perdita, domani mattina manda Louis a controllare.”

    “Certo signore.”

    Il suo padrone era addirittura giunto sin negli alloggi della servitù chiedendo di bruciare quei vestiti, una causa che doveva stargli proprio a cuore.
    Si domandava come mai tutta quella fretta ma non replicò, fece solo come desiderava il suo signore e gettandone uno alla volta nel fuoco della stufa li lasciò bruciare per bene ma tenendo per se solo i gemelli della camicia che si reggevano ancora e quasi per miracolo ai polsini pallidi. Li avrebbe venduti il mattino seguente dal gioielliere e ci avrebbe guadagnato un mucchio di soldi da tenere per se.




    Note: Fine primo capitolo, aggiornerò al più presto. So che è un delirio ma fatemi sapere cosa ve ne pare. L'epoca è ancora da definire con certezza ma il luogo è inconfondibile, si tratta di una citadina francese, o per lo meno ciò rivelano i nomi dei personaggi.
    >////<
    Sau.


    P.S.

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  2. Le chat noir+Astaroth+
     
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    io esiggo il seguito u.u
     
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1 replies since 23/8/2009, 19:35   120 views
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